Smart working. Possibilità e rischi per la salute mentale e fisica dei lavoratori.

Molti di noi sono tornati in una condizione di lavoro in smart working, a seguito delle raccomandazioni contenute nel nuovo DPCM del 3 novembre. Lo smart working ha cambiato la nostra giornata, reso più fluidi i confini e i ritmi delle attività quotidiane, rappresentando una grande possibilità e al tempo stesso una nuova fonte di rischi; come l’alterazione delle ore dedicate al sonno e al riposo, il sopravanzo di energie che nella sedentarietà si traducono in tensioni fisiche e mentali e la perdita del senso di gruppo dovuta all’”isolamento forzato”. Un fenomeno che ha assunto dimensioni fortemente amplificate, con un trend in crescita dell’utilizzo dello smart working. I tre quarti dei direttori finanziari vuole aumentare in modo permanente il numero dei dipendenti che lavorano da casa, e il 60% dei dipendenti vorrebbe continuare a lavorare da casa (Gartner e Gallup).

Le maggiori difficoltà che i lavoratori riscontrano riguardano:

  1. Lo smart working prima della pandemia era una scelta. Ora è una necessità. Questa differenza lascia, spesso, la sensaizone negativa di non poter determinare la nostra vita. Una sensazione di costrizione e di isolamento.
  2. Il lavoro agile da casa costringe a una difficile gestione della separazione del tempo privato da quello del lavoro. Molti sostengono che il problema principale è restare con la mente “sempre al lavoro”. Dal computer allo smart phone, senza potersi distrarre con altro.

Per rispondere ai due punti occorre che le aziende intervengano con adeguati strumenti di formazione, consulenza e accompagnamento psicologico dei lavoratori perché non possiamo altrimenti valorizzare le possibilità dello smart working monitorando i potenziali rischi per la salute mentale.

Per approfondire, scrivimi a damianorizzi@damianorizzi.com

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